Fiori recisi nei territori palestinesi occupati

Una soldata israeliana in un campo di ranuncoli situato nei pressi della striscia di Gaza, 2017. Credits: MENAHEM KAHANA/AFP.

La produzione e il commercio di fiori recisi su scala globale, se esplorati con occhio critico, rivelano con poco sforzo vicende di abusi e violenze, di sfruttamento, furto di terre, nonché accordi economici e politici di stampo coloniale.
Israele è uno dei massimi esportatori mondali di fiori recisi, nonché uno dei primi a servire il mercato europeo, soprattutto durante il periodo invernale.

La produzione agricola con passaporto israeliano è comunemente circondata da una retorica celebrativa che si focalizza sull’innovazione tecnologica. Più di rado viene invece discusso il dato fondamentale, vale a dire il furto e le violenze che sono il presupposto di quest’intero comparto.
Basti pensare alla questione relativamente nota della sistematica distruzione degli alberi da frutto palestinesi, e in particolar modo degli ulivi, ma anche della stessa produzione di fiori recisi palestinesi, resa estremamente ardua dal controllo israeliano delle risorse idriche e dell’elettricità, dai bombardamenti e dalle chiusure dei confini che portano alla distruzione di un prodotto già di per sé altamente deperibile.

Si tratta di una strategia coloniale che opera su diversi livelli: la perdita di produzione che arreca danno materiale e fiacca il morale degli agricoltori e delle agricoltrici, la violenza simbolica e materiale, la creazione di una tabula rasa come presupposto dell’occupazione di nuove terre da parte dei coloni.

Il mercato dei fiori recisi non è separato da queste violenze, ma ne è intimamente partecipe dal momento in cui gli addetti ai lavori non si pongono il problema o scelgono di ignorare la questione. 
Parte del nostro compito, dal mio punto di vista, dovrebbe anche essere quello di informare il nostro pubblico e scegliere di non acquistare materiali vegetali con passaporto israeliano, siano essi rizomi di ranuncoli o fiori recisi reperiti dal grossista. Si tratta però di una questione di cui non sento mai parlare, forse perché le istanze più “progressiste” che iniziano a infiltrare il settore sono spesso cariche di greenwashing e perché le prospettive che hanno più risonanza sul tema dei diritti umani in relazione alla produzione di fiori recisi sono quasi sempre condite dalla retorica del salvatore bianco e prive di sostanza.
Da parte mia, da persona che lavora con i fiori e li coltiva, credo che sia vigliacco nascondersi dietro alla loro bellezza e fingere che essi siano un territorio neutro o una materializzazione dell’idea che i clienti hanno di “natura incontaminata”. Come sempre, la questione è molto più complicata di così e sta a noi fare lo sforzo per tentare di dipanarla.

RAFAH GAZA STRIP: A Palestinian farmer feeds a donkey with flowers on February 14, 2008 in Rafah, southern Gaza Strip. Palestinian farmers dumped two truckloads of flowers at the Sufa border crossing with Israel on Thursday, feeding some of the crop to sheep, as a protest over Israeli export restrictions preventing them from exporting their blooms to Europe for Valentine's. (Photo by Abid Katib/Getty Images)
RAFAH - GAZA STRIP: A Palestinian farmer feeds carnations to cows at a farm November 22, 2007 in Rafah, southern Gaza Strip. Palestinian farmers had to dispose of their flower crop due to the Israeli blockade of the Gaza Strip, preventing them to export their goods. According to reports Israel yesterday said that it would ease its trade embargo - imposed in June - allowing the export of fruit and flowers into Israel and Europe. (Photo by Abid Katib/Getty Images)
AFAH REFUGEE CAMP, GAZA STRIP: Palestinian farmers cut flowers February 13, 2007, in Aklok Flower Farms in Rafah Refugee camp, southern Gaza Strip. Palestinian farmers export flowers for the Christian themed Valentines Day to many European countries, and the holiday has gained popularity in some Muslim-dominated Arab countries over the past few years. (Photo by Abid Katib/Getty Images)
GAZA CITY-GAZA STRIP: Palestinian farmers destroy vegetables and flowers in protest outside the European Union headquarters in Gaza City January 30, 2006. Palestinian farmers were destroying flowers and vegetables grown in the Gaza Strip to protest Israel's closure of the Karni crossing, which prevents the export of their products to Israel, West Bank and European Union countries. (Photo by Abid Katib/Getty Images)
Palestinian amputees who lost their legs due to Israeli fire join the olive harvest in the Gaza Strip. Photo: Ali Jadallah
A Palestinian farmer works his land while the Israeli military uses an earth-moving machine to raze agricultural land in Khan Younis, southern Gaza Strip, 13 January 2021. Photo: Ashraf Amra / APA images)
A Palestinian examines the destruction caused by Israeli strikes to his greenhouses in the Gaza Strip. Photo: Majdi Fathi
Israeli soldiers visit a field of Ranunculus flowers in the southern Israeli Kibbutz of Nir Yitzhak, located by the Israel-Gaza Strip border, on April 23, 2021. (Photo by MENAHEM KAHANA / AFP) (Photo by MENAHEM KAHANA/AFP via Getty Images)
Israeli soldiers stand in a field of Ranunculus flowers in the southern Israeli Kibbutz of Nir Yitzhak, located along the Israeli-Gaza Strip border, during the Jewish holiday of Pesach (Passover) on April 12, 2017. (Photo by MENAHEM KAHANA / AFP) (Photo by MENAHEM KAHANA/AFP via Getty Images)
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